sabato 8 settembre 2012

Felicità qui e ora

Come vivere felici?  Basta poco per essere felici.  


solo per oggi, interrompo il ciclo di post "erotici" per regalarti alcuni stralci che ho selezionato dal libro Cronaca di una Disincarnazione.

Libro molto utile per chi resta e per chi va e per chi semplicemente desidera conoscere meglio e sperimentare che cos’è vivere e cos’è morire. Vivere e Morire sono arti 'magiche' complementari, fondate sull'amore e  sulla conoscenza.



Hai visto la faccia che ho, le braccia, le gambe? Erano anni che non potevo sopportare il mio corpo, ma non lo riconoscevo. Allora ho lasciato che si distruggesse perché qualcosa, dentro di me, credeva che questo avrebbe aggiustato tutto. Non ero contenta della mia vita. . . allora, l’ho bloccata nella testa, e nel cuore. Comincio appena adesso a capire che la gente si costruisce le malattie, proprio come ci si può ingegnare a rompere un motore. . .  mettendo qualsiasi sostanza nel carburatore, ad esempio.
(…)
Se avessi saputo morire fin dall’inizio, avrei saputo viverre, Teresa. Siamo tutti vittime dell’ignoranza e delle paure di quelli che dovrebbero istruirci. Non so che farmene dei bei principi di chi si dice spirituale, se non sanno rispondere agli interrogativi urgenti della mia anima: verso Cosa sto andando? Verso Chi stiamo andando? Tutto il resto è pura verbosità se la risposta non è chiara o se si indirizza solo ad uno dei cassetti della mente!
(…)
Unita con sua figlia che prega, Elisabeth viaggia ora nel proprio passato come sulla superficie di un lago calmo, ne estrae frammenti sparsi, li guarda sfilare tranquillamente, come se osservasse un album di fotografie.
C’erano delle belle cosemormora infine.
Perché “c’erano” Elisabeth? Ciò che chiamiamo passato, presente e futuro sono una cosa unica, e dobbiamo riconciliarli fra loro. Questo è l’enigma che siamo chiamati a risolvere. . .
A volte mi sembra di intravvederne la soluzione, ma è la sofferenza che ci perde. Io mi ci sono persa molti anni fa. . . è evidentemente una storia comune, che non è interessante davvero, la storia di due che non vanno d’accordo, di un abbandono e poi di una malattia che ci si costruisce e per la quale si accusa l’universo. Qui, oggi, penso di capire la morte, penso di averla ammessa, ma la sofferenza e tutto il suo errare, questo ancora non lo capisco.
Dovevo forse sperimentarla, per essere ci`o che sono ora, e perchè il mio cuore acconsentisse
alla fine ad aprirsi un poco?
Nell’assoluto dell’universo, vedi, la sofferenza non è affatto un fertilizzante indispensabile
per l’anima, come invece hanno cercato di inculcarci la maggior parte delle religioni, soprattutto in Occidente.
E’ entrata a far parte del nostro mondo quando questo ha deliberatamente deciso di tagliare il ponte di accesso diretto alla Fonte Divina; da allora è diventata un’insidia praticamente inevitabile: il che non significa affatto che sia un mezzo privilegiato per giungere allo sviluppo della coscienza. Quando la sofferenza si manifesta nel corpo fisico, è perché è stata precedentemente seminata nei mondi sottili: è l’ultimo anello di una catena di errori, di un’ignoranza che ci portiamo dietro da una vita all’altra e che
dobbiamo riuscire ad identificare. E anche il segnale d’allarme che il nostro corpo manifesta quando si trova ad essere troppo isolato dalla propria essenza.
Ci sono due modi per coltivare un pezzo di terra, Elisabeth: uno può credere che sia una gran fatica, e prende l’abitudine di pensare che ogni zappata faccia male alle reni; oppure può partire dal principio che il fatto di avere un fazzoletto di terra da valorizzare sia un’opportunità straordinaria, e che ogni zappata lo avvicini un po’ di più al raccolto. Naturalmente questa è un’immagine un po’ semplicistica, ma ciò che la vita ci chiede di fare non è poi tanto complicato come si crede.
La verità è che abbiamo dimenticato la gioia, la gioia di essere in questo mondo. . .  e di far fruttare la felicità semplice; se riconoscessimo anche soltanto questo, quante sofferenze in meno!
Sì, dal punto di vista assoluto, mi è chiaro. . . ma come accettare il dolore quanto prende radici dentro di noi? E’ forse una punizione? Ho sofferto così tanto in questi ultimi anni, che mi sembra di essere come inchiodata alla Terra dal semplice pensiero di questa sofferenza, sicché non riesco ad andarmene.
Elisabeth, la sofferenza non è mai una punizione: non c’è mai stato e non ci sarà mai un braccio divino che distribuisce sanzioni o ricompense, ma solo messaggi e messaggeri che noi mandiamo a noi stessi o che mandiamo agli altri di epoca in epoca. Non è necessariamente il risultato di ciò che in Oriente si chiama “karma pesante”, ma è a volte la conseguenza di ciò che abbiamo accettato di far vivere a coloro che ci circondano perchè possano crescere.()

per chi vuole approfondire...

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